giovedì 21 agosto 2014

Villar Perosa e i tempi che cambiano


All’epoca avevo appena 14 anni ed ero un ragazzino che si apprestava ad intraprendere il cammino liceale, eppure mi ricordo ancora bene cos’era per chi tifava Juventus l’amichevole di Villar Perosa fino all’estate del 2002: era una festa nella quale la squadra, che avrebbe debuttato in campionato di lì a non moltissimi giorni (mediamente un paio di settimane o poco più), riceveva una specie di “benedizione” da parte della famiglia Agnelli e quel bellissimo momento di juventinità veniva solitamente suggellato dalle battute taglienti e geniali dell’Avvocato e dalle dissertazioni di quel fine manager del Dottor Umberto; se poi uno dei due fratelli aveva qualche ragione per non potersi fermare ai microfoni dei giornalisti accorsi, prontamente accorreva un altro galantuomo e validissimo dirigente come l’avvocato Chiusano per fare (per quanto ciò gli potesse essere possibile!) le veci dei due patriarchi. 

Scene che cozzano violentemente con quanto accade sempre a Villar Perosa, e sempre nel corso della medesima festa juventina, da una decina d’anni a questa parte, quando ad intrattenere il nuvolo di giornalisti presenti ci pensa John Elkann con il suo consueto profluvio di supercazzole e discorsi a metà tra il banale e il trionfalistico; a volte poi è la sfortuna a decidere di metterci del suo e di far palesare, davanti ai giornalisti medesimi, la figura di Lapo, uno che sarà anche simpatico e a suo modo (!!) originale, ma che senza dubbio sta alla juventinità come Bruce Springsteen sta al gospel. 

Ora, detto che la tesi del guardare al futuro è sacrosanta ed è ancor più attuale in quest’epoca di “rottamatori” al potere, quello appena citato può essere annoverato tra i casi in cui i tempi che cambiano fanno rimpiangere eccome quelli andati. Pertanto, caro presidente Andrea Agnelli, tanti juventini le sarebbero grati se il prossimo anno trovasse il modo di prendere lei tutta la ribalta davanti ai giornalisti: anche perché, ripensando alle già citate figure di suo padre Umberto e di suo zio Gianni e ascoltando le parole che dispensa ogni anno suo cugino John, viene spontaneo immedesimarsi in Tonino Di Pietro e domandarsi più volte “Ma (John) che ci azzecca??


Foto: gazzetta.it

martedì 19 agosto 2014

Tra conferenze stampa e specchietti per le allodole...


Vorrei tranquillizzare tutti: in questo articolo non leggerete alcun anatema legato alle prime parole di Antonio Conte da Commissario Tecnico della Nazionale; in primis perché la discussione manichea (o santo o traditore, senza alcuna possibilità di via di mezzo!) intorno alle scelte professionali del tecnico salentino non mi appassionava prima e non inizierà ad appassionarmi sicuramente adesso, in secundis perché, piaccia o meno a taluni, dal 15 luglio Conte è libero da ogni legame contrattuale con la Juventus e non è più tenuto a rendere conto ai tifosi bianconeri per quanto concerne le proprie scelte professionali. 

Epperò un rimprovero da fare all’ex allenatore della Juventus ce l’ho eccome: caro Antonio, fermo restando la tua libertà professionale di cui sopra, davvero non ti sei reso conto del fatto che accettando di sedere sulla panchina azzurra ti sei trasformato nel più gigantesco specchietto per le allodole per coloro i quali ti hanno offerto tale incarico? Già, perché se la conferenza stampa odierna di Conte e del neo-presidente federale Carlo Tavecchio è stata sicuramente l’evento mediatico della settimana (o almeno di questo primo scorcio di settimana), l’evento davvero importante è quello verificatosi ieri a Roma: il primo Consiglio Federale della nuova (?!) Federcalcio! 

In detto Consiglio le questioni fondamentali sono state tre: 1) l’assegnazione delle ultime poltrone vacanti, che come da copione sono state assegnate a Mario Macalli (un giovane virgulto di 77 anni che presiede la Lega Pro “solo” dal 1997!) e a Maurizio Beretta (che, alla luce dei contemporanei incarichi nella Lega di Serie A e in Unicredit, si candida seriamente per ereditare quell’etichetta di “poltronissimo” che ancora oggi appartiene ad un altro giovanotto di nome Franco Carraro!); 2) la modifica della norma sulla discriminazione territoriale, che su giornali e social network ha dato luogo a singolari “inversioni ad U” da parte di opinionisti che fino a ieri erano contrari a tale norma e che oggi se ne sono riscoperti strenui sostenitori (ah, benedette opinioni a targhe alterne…); 3) la decisione sulla ventiduesima squadra che andrà a comporre il prossimo campionato di Serie B. 

Proprio quest’ultima vicenda era delle tre la più rilevante in quanto riguardava non singoli ruoli da assegnare o norme eventualmente da applicare o meno, bensì la fisionomia di un intero campionato! Dopo il recente fallimento del Siena, infatti, la decisione iniziale del presidente della Lega cadetta Andrea Abodi (piccolo inciso: ne avevo apprezzato le idee e l’opposizione strenua alla candidatura di Beretta per la Lega di A nel 2013, ma purtroppo mi tocca constatare come da due mesi il personaggio non ne azzecchi una neanche per sbaglio!) era stata quella di disputare una B a 21 squadre, ma la successiva disputa tra Abodi stesso e il CONI ha portato al dietrofront e alla necessità di iscrivere al campionato un’altra squadra. Ebbene ieri si doveva scegliere il nome della squadra che avrebbe preso il posto dei bianconeri di Toscana e si è deciso di…NON DECIDERE, rinviando la questione di una settimana e aprendo la strada ad una pioggia di ricorsi da parte delle squadre retrocesse al termine dell’ultima stagione (escluso il fallito Padova, in lizza ci sono Novara e Juve Stabia), ma anche di quelle squadre di Prima Divisione che possono ambire al ripescaggio dopo la recente modifica delle procedure apposite; e poco importa se la decisione sarà presa a poco meno di una settimana dall’inizio del campionato cadetto! 

Insomma, la prima decisione davvero importante che la FIGC targata Tavecchio doveva assumere è stata una non-decisione con annesso rinvio: un segnale davvero incoraggiante per il futuro, specie se si considera che il calcio italiano arriva da un settennato (quello di “supercazzola” Abete!) costellato da rinvii, non-decisioni e dichiarazioni di incompetenza varie ed eventuali. 

E allora, alla luce di tutto questo, viene seriamente da chiedersi se qui il problema vero sia ciò che ha detto o non ha detto Conte o il fatto che qualcuno possa voler utilizzare le esternazioni (passate e future) del mister leccese come la più semplice ed efficace delle armi di distrazione di massa…


Foto: figc.it

martedì 12 agosto 2014

Il (Ta)vecchio che avanza!


Come previsto, da ieri pomeriggio Carlo Tavecchio è il nuovo (?!) presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio. L’ex numero uno della Lega Nazionale Dilettanti è stato eletto al terzo scrutinio con il 63,63% delle preferenze (per un totale di 310,12 voti); lo sfidante Demetrio Albertini si è invece fermato al 33,95% (165,47 voti), mentre 11,79 sono state le schede bianche e 21,62 i voti non espressi. 

Giunti all’epilogo di questa querelle durata poco meno di due mesi e iniziata il 24 giugno, quando Giancarlo Abete si era dimesso in seguito all’eliminazione della Nazionale italiana dai Mondiali brasiliani, forse è opportuno riordinare le idee e fare alcune considerazioni: 

- "Attenzione però a non commettere l’errore di pensare che il passo indietro di Abete risolva tutti i problemi perchè, conoscendo l'attitudine tutta italiana al "gattopardismo" galoppante, il rischio concreto che queste dimissioni comportano è quello che di ritrovarsi a capo della Federazione una copia più presentabile del presidente dimissionario: magari un soggetto mediaticamente più presentabile e meno avvezzo alle supercazzole, ma che poi alla prova dei fatti rischia di rivelarsi nè più e nè meno che il prosieguo delle sciagurate gestioni precedenti; perché davvero nel calcio italiano qualcosa cambi, è necessario che arrivi una figura decisa a recidere in maniera netta e irreversibile i legami con un sistema politico pallonaro che in questi anni ha prodotto più disastri delle atomiche sganciate dagli americani sul Giappone nel 1945": così scrivevo il 26 giugno, due giorni dopo le dimissioni presentate da Giancarlo Abete. Posso dire che avevo ragione, anche se vi confesso che questo era uno di quei casi nei quali non mi sarebbe affatto dispiaciuto avere torto...

- Partiamo dal dato più lampante: se c’era un minimo di possibilità che il calcio italiano conoscesse quel cambiamento necessario per dare una svolta ad un movimento in crisi cronica, con l’elezione di un signore che è una delle propaggini più famose di quel sistema che la crisi l’ha generata questa possibilità è sfumata. Come ricordava a caldo il candidato sconfitto Albertini, “si è rivisto il corporativismo delle Leghe. Il blocco è sempre difficile da scardinare”. Parole di Albertini sono difficilmente contestabili o liquidabili con la giustificazione secondo cui sono scontate perché escono dalla bocca del candidato sconfitto… 

- Considerato che del blocco di cui parla Albertini sono esponenti di punta personaggi come Claudio Lotito ed Enrico Preziosi (dato che voglio essere generoso, non sto a sciorinare tutti gli altri nomi che compongono il cucuzzaro…) e non statisti integerrimi o riformisti appassionati, non ci sarà da stupirsi se la restaurazione non si limiterà a mantenere lo status quo ma lo peggiorerà… 

- A proposito di Lotito: giorni fa il Corriere della Sera riportava un retroscena, confermato poi da altri organi di informazione, secondo cui il patron della Lazio avrebbe chiesto una delega per la gestione della Nazionale. Fosse così, ci sarebbe da star certi che un meteorite su Coverciano farebbe decisamente meno danni!

- L’abbraccio tra Abete e Tavecchio e il discorso che il secondo ha rivolto al primo sintetizzano in maniera perfetta quanto detto finora! 

- Molti sostenitori del fronte cosiddetto “no-Tav” hanno sostenuto, come argomentazione principale, la tesi secondo cui l’inadeguatezza di Tavecchio è legata alle frasi sugli stranieri “mangia-banane”, sulle donne “handicappate” nel giocare a calcio o su un suo trattamento mediatico paragonabile a quello che nel 1963 subì l'assassino di John Kennedy (il quale, a dire il vero, fu a sua volta ucciso pochi giorni dopo!). Ma questi scivoloni grotteschi, a ben guardare, sono elementi marginali, soprattutto se paragonati al fatto che Tavecchio è un soggetto noto alle cronache giudiziarie: il personaggio, infatti, è stato condannato a 4 mesi di reclusione per “falsità in titolo di credito continuato in concorso” (Corte d’Appello di Milano, sentenza del 1 luglio 1970), a 2 mesi e 28 giorni di reclusione più ammenda pecuniaria di 1652,66 euro per “violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto” (Tribunale di Como, sentenza del 29 novembre 1994), a 3 mesi di reclusione più ammenda pecuniaria di 320,20 euro per “omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali” (Pretura di Como, sentenza del 2 luglio 1996), a 3 mesi di reclusione per “omissione o falsità in denunce obbligatorie” (Pretura di Como, sentenza del 7 luglio 1998), a 3 mesi di reclusione per “abuso d’ufficio” (Tribunale di Como, sentenza del 15 ottobre 1998) e ad un’ammenda pecuniaria di 5154,57 euro per “violazione delle norme per la tutela delle acque dall’inquinamento” (Tribunale Monocratico di Como, sezione distaccata di Erba); un curriculum giudiziario, con sanzioni che sommate portano a 1 anno, 3 mesi e 28 giorni di reclusione e a oltre 7000 euro di sanzioni pecuniarie, talmente interessante da suscitare un’interrogazione parlamentare promossa il 18 ottobre 2010 dall’allora deputato del Popolo della Libertà Amedeo Laboccetta. Ancora convinti che Tavecchio sia inadeguato per questa o quella uscita infelice? Suvvia… 

-Sarò il presidente di tutti!”, ha dichiarato a caldo Tavecchio: in bocca al lupo perché l’impresa si preannuncia titanica, specie considerando che il largo consenso che Tavecchio ha ottenuto nelle cosiddette “stanze del potere” non è affatto replicato all’esterno delle stanze medesime… 

- Una delle maggiori delusioni di tutta questa vicenda arriva da Andrea Abodi, il presidente della Lega di Serie B: dopo essere stato il rivale di Maurizio Beretta per la poltrona di presidente della Lega di A, Abodi si era sempre distinto per le sue idee all’insegna della discontinuità con il passato; le si poteva condividere o meno, ma se non altro si poteva ragionare su qualcosa di diverso rispetto alle solite questioni trite e ritrite. Vedere che poi, al momento di sceglierlo davvero questo cambiamento, Abodi si è tirato indietro è stata una delusione atroce 

- Se la coerenza tra parole e comportamenti dei presidenti delle società di calcio fosse regola e non eccezione, da oggi in poi tutti coloro i quali hanno votato per Tavecchio sarebbero tenuti a non lamentarsi più dei malfunzionamenti del sistema calcistico italiano (dalle decisioni arbitrali agli stadi, passando per diritti televisivi e orari delle partite): ma poiché la condizione iniziale di questo discorso sta in piedi come le Twin Towers dopo l’11 settembre, possiamo soltanto sbizzarrirci nel provare ad indovinare quale presidente si lamenterà per primo e in quale giornata di campionato accadrà tutto ciò! 

- Detto che i vari Preziosi, Lotito, Galliani (nelle veci del Cavaliere, ovviamente!), Zamparini, De Laurentiis e compagnia non saranno credibili quando si lamenteranno di ciò che non funziona nel calcio italiano, va detto che gli unici titolati a farlo saranno Agnelli, Pallotta, Della Valle, Ferrero e tutti coloro i quali hanno sostenuto la candidatura alternativa a quella di Tavecchio: il tutto in nome di quella coerenza di cui sopra… 

-Avevo detto che ci sarebbero state sorprese e ci saranno a breve. Ma tocca a Tavecchio annunciarle e comunicarle”: a parlare così è stato, a pochi minuti dall’elezione del neo-presidente federale, il numero uno del CONI Giovanni Malagò. Considerate alcune prese di posizione di Malagò in questo mese e mezzo di campagna elettorale e considerate le voci che trapelano di un possibile inserimento di un uomo di fiducia del CONI nei nuovi assetti federali, non ci sarebbe affatto da stupirsi se il Comitato Olimpico nazionale decidesse di sorvegliare neanche troppo da lontano la situazione… 

- Chiudo con un timidissimo segnale di ottimismo che dalla votazione arriva per il futuro: il fatto che in queste settimane diversi club siano passati con il fronte “no-Tav”, e rinforzato l’opposizione nei confronti di Tavecchio rendendone meno “bulgara” la vittoria è la dimostrazione di come nel calcio italiano non tutti siano rassegnati a “morire tavecchiani”. E in un’Italia refrattaria in tutto e per tutto al cambiamento è un segnale da non far passare sotto silenzio... 

Detto tutto questo, buona catastrofe pallonara a tutti!


Foto: qelsi.it

martedì 5 agosto 2014

FIGC commissariata? Sì, a patto che…


A sei giorni esatti dall’assemblea elettiva che incoronerà il successore di Giancarlo Abete alla guida della Federcalcio l’incertezza sembra farla da padrone: Carlo Tavecchio resta il favorito numero uno, anche se un giorno sì e l’altro pure il numero uno dei Dilettanti deve fare i conti con società che annunciano un voto contrario, mentre Demetrio Albertini continua a sperare che la perdita di consensi del rivale gli permetta di risalire la china fino a realizzare un clamoroso sorpasso al fotofinish

Eppure oggi è emersa la possibilità di imboccare una terza strada: quella del commissariamento, caldeggiata dal presidente del CONI Giovanni Malagò con dichiarazioni che hanno lasciato intendere che il Comitato Olimpico nazionale sarebbe pronto a prendere in mano la situazione nel caso in cui si dovesse determinare una spaccatura che impedisca di mettere in atto quelle riforme di cui il calcio italiano ha bisogno da diversi anni. 

Malagò potrebbe dunque emulare (in prima persona oppure attraverso un suo uomo di fiducia) quanto fatto tredici anni fa dal suo predecessore Gianni Petrucci, che gestì la fase di transizione in FIGC a cavallo tra la presidenza di Luciano Nizzola e quella di Franco Carraro, anche se il precedente non è certamente di buon auspicio. Intanto perché il commissariamento di Petrucci ricoprì il ruolo di trait d’union tra due gestioni che esprimevano lo stesso gruppo di potere (basti pensare che, negli anni in cui Nizzola presiedeva la Federcalcio, Carraro presiedeva la Lega), ma soprattutto è bene ricordare che in quei mesi il calcio italiano si ritrovò a fare i conti con vicende spinose come Passaportopoli (vicenda che terminò a tarallucci e vino anziché produrre, a termini di regolamenti federali, stangate nei confronti delle società coinvolte, ma che soprattutto produsse l’ormai famosa sentenza retroattiva della Corte Federale che permise alla Roma di schierare Nakata nel match-scudetto giocato contro la Juventus appena due giorni più tardi) e la denuncia dell’allora patron del Napoli Giorgio Corbelli circa la contemporanea proprietà, da parte di Calisto Tanzi, di due società di Serie A ovvero Parma e Verona (vicenda poi confermata da successive sentenze della magistratura ordinaria che ha indagato sull’affare Parmalat e che, poiché i regolamenti federali vietano al medesimo soggetto il controllo di due società militanti, avrebbe dovuto sancire la retrocessione per illecito sportivo della società ducale e di quella scaligera). 

Dunque, se alla fine commissariamento dovesse essere, Malagò lo organizzi all’insegna della discontinuità con il passato. Casi come quello di Petrucci nel 2001, quello dello stesso Carraro nel 1987 (all’indomani del secondo scandalo del calcioscommesse, scoppiato un anno prima) e quelli di Guido Rossi e Luca Pancalli tra il 2006 e il 2007 hanno insegnato come spesso commissariare la Federcalcio abbia significato calmare le acque per poi ripristinare, magari con qualche timido cambiamento di facciata, il precedente status quo. E questa è decisamente l’ultima cosa di cui il calcio italiano ha bisogno in questo particolare momento storico…


Foto: repubblica.it

venerdì 1 agosto 2014

Tavecchio, Renzi e...uno strano déjà-vu!


Se io dicessi una parola su Tavecchio come Presidente del Consiglio, forse Juve, Roma e Napoli non potrebbero giocare la Champions League”.

Con queste poche il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, intervenuto ieri durante la direzione nazionale del PD, ha liquidato la questione relativa alle elezioni in FIGC che si terranno tra una decina di giorni e che vedranno opposti Carlo Tavecchio e Demetrio Albertini: parole che hanno chiarito come il governo non intenda intervenire nella questione che sta infiammando il calcio italiano in queste settimane. 

Una presa di posizione piuttosto comprensibile, dato che i regolamenti della FIFA prevedono sanzioni a carico delle squadre facenti parte di Federazioni nelle cui dinamiche si siano verificate ingerenze da parte della politica e visto che il 9 luglio la stessa FIFA ha sanzionato la Nigeria per queste stesse ragioni (per approfondire potete cliccare qui); eppure la storia più o meno recente del calcio italiano dimostra che non è che in passato le cose siano andate esattamente così. 

Ecco riportate di seguito alcune domande (con relative risposte) che potranno essere utili per rinfrescare la memoria a tanti: 

  1. In seguito a quale avvenimento nel 2004 la Lazio evitò il fallimento ottenendo una spalmatura ultra-ventennale delle proprie pendenze con il fisco (con tanti saluti a Fiorentina e Napoli)? (RISPOSTA: approvazione della cosiddetta “legge Salvacalcio” da parte del governo Berlusconi il 27 febbraio del 2003; quella stessa legge che sarà definita “un falso in bilancio legalizzato” dall’ex presidente della COVISOC Victor Uckmar, il principe dei tributaristi italiani); 
  2. Chi giustificò il mancato fallimento della Lazio affermando che “Il caso della Lazio è un caso particolarissimo. Il fallimento di una squadra con un numero di sostenitori così enorme avrebbe potuto avere conseguenze di ordine pubblico. Di fronte a questo e di fronte a rischi di perdere quanto il fisco doveva incassare abbiamo fatto questa scelta perché la legge ci ha consentito di fare una rateizzazione. C’è chi, in maniera anche motivata, obietta che la Fiorentina non ha avuto la stessa opportunità della Lazio: posso dire che allora mi interessai al salvataggio della squadra, ma furono i giudici, con il loro intervento, a far precipitare i tempi. Per quanto riguarda il governo, non ci fu nessuna responsabilità”? (RISPOSTA: Silvio Berlusconi negli studi di “Porta a porta” il 31 marzo 2005); 
  3. Chi ha pronunciato la frase “Quando la sinistra vuole eliminare qualcuno che dà fastidio avvia un processo politico. Nello sport c’era qualcuno che era scomodo. Si è creato uno scandalo, con l’ufficio antidoping, si è costretto il presidente del CONI Pescante a dimettersi”? (RISPOSTA: sempre Silvio Berlusconi il 9 marzo del 2001, alla vigilia delle elezioni politiche, al Palacongressi di Roma durante lo “Sport Day”); 
  4. Quali sono stati alcuni degli incarichi extra-calcistici di ex presidenti federali come Antonio Matarrese, Franco Carraro e Giancarlo Abete? (RISPOSTA: rispettivamente parlamentare di Forza Italia, Ministro del Turismo in quota PSI e parlamentare della DC); 
  5. Oltre a quello di Commissario Straordinario della FIGC, presidente di Telecom e consigliere d’amministrazione dell’Inter, quale altro incarico ha ricoperto nella sua carriera Guido Rossi? (RISPOSTA: Senatore nelle file della Sinistra Indipendente dal 1987 al 1992); 
  6. Quando nel 2006 la Juventus, travolta dallo tsunami di Calciopoli, decise di rivolgersi alla giustizia amministrativa chi, oltre ai vari opinionisti, espresse posizioni di fortissimo dissenso circa la scelta dell’allora dirigenza bianconera? (RISPOSTA: Giovanni Lolli, Sottosegretario del Ministero per le Politiche Giovanili del governo Prodi, che attraverso numerose dichiarazioni pubbliche diffidò la società bianconera dal muoversi al di fuori del recinto della giustizia sportiva); 
  7. In seguito al ritiro del ricorso presso il TAR del Lazio da parte della Juventus, chi pronunciò la frase “La decisione della Juve consente di evitare un corto circuito che avrebbe potuto causare, in questa importante fase di riforme, un ulteriore danno al calcio italiano”? (RISPOSTA: Giovanna Melandri, Ministro dello Sport e delle Politiche Giovanili del governo Prodi, il 31 agosto 2006). 

Vede, gentile presidente Renzi, la sua presa di posizione è teoricamente ammirevole, se non fosse per il fatto che in casi come quelli citati in precedenza le cose sono andate nella maniera esattamente opposta. Quindi mi perdonerà se, ascoltandola parlare durante la direzione nazionale del PD di ieri, ho provato una stranissima (ma neanche troppo!) sensazione di déjà-vu


Foto: news.biancolavoro.it